EQUITALIA, QUANDO UN GIORNO DI RITARDO COSTA 10.000 EURO 0

Nico | 14:09 | , , ,

Fare gli imprenditori in Italia è roba da eroi. Se poi si lavora con le pubbliche amministrazioni, bisogna mettere in conto i molteplici ritardi nei pagamenti delle fatture, che si riflettono in altrettanti ritardi nei confronti dei fornitori, delle banche, dei dipendenti dell’azienda, se ce ne sono.

Ma la storia di Maria Rita Mura e della sua ditta, la Sarda Semafori Snc, dimostra come a volte il peggior nemico dell’imprenditore onesto sia proprio lo Stato. «Equitalia mi ha trattata peggio di un evasore- racconta sull’orlo delle lacrime- e tutto per aver pagato una rata con soltanto un giorno di ritardo».

La Sarda Semafori è stata fondata a Sassari nel ’97. Gli affari sono andati bene all’inizio, anche se con l’ingresso dell’euro tutto è diventato più difficile. «Facciamo segnaletica stradale, impianti semaforici e illuminazione pubblica, ma per non essere costretti ad assumere abbiamo ridotto le commesse. Infatti, finché tocca a me e ai miei familiari aspettare prima di poter prendere uno stipendio è un conto. Ma non potrei chiedere a dei dipendenti lo stesso sacrificio».

Com’è possibile che un’azienda sana si ritrovi all’improvviso sull’orlo del burrone, a un passo dalla chiusura? Il peccato originale della Sarda Semafori risale al 2006: «Per avere un po’ di respiro, abbiamo deciso di rateizzare l’Iva al prezzo di un 10 per cento di interessi in più».

Il 7 luglio 2009 la signora Maria Rita Mura riceve dall’Agenzia delle Entrate una comunicazione relativa alla determinazione dei versamenti rateali: sono 20 rate da circa 665 euro l’una, da pagare ogni tre mesi circa. In tutto poco più di 13mila euro.

Ma il 30 novembre 2009, giorno di scadenza della seconda rata, il collegamento internet della banca non funziona. «Ci ho provato in tutti i modi ma non c’è stato verso di inoltrare il modello f24-racconta la signora Mura- così ho riprovato il giorno dopo e ci sono riuscita.

Certo, se avessi saputo che cosa avrebbe comportato questo piccolo ritardo, sarei andata in capo al mondo a pagarla». Passa il tempo e l’azienda continua a versare le rate una dopo l’altra, fino a quando il 24 giugno 2011 i nodi vengono al pettine: Equitalia notifica una cartella di pagamento da 15.290,98 euro da pagare all’Agenzia delle entrate entro 60 giorni (poi ridimensionato a 14.611,80).

«Dopo lo choc iniziale mi sono informata: la causa era proprio quel ritardo di un giorno nella seconda rata dell’Iva, due anni fa». La signora Mura cerca possibili soluzioni, presidia l’Agenzia delle Entrate in preda alla disperazione.

«Ma cosa devo fare? Devo chiudere la mia azienda a causa di un pagamento in ritardo di 24 ore?». Alla fine riesce a ottenere almeno un consiglio: è necessario rivolgersi alla Commissione provinciale tributaria di Sassari e fare ricorso avverso la cartella di pagamento.





Tramite il suo commercialista, la signora Mura fa ancheistanza di sospensione e a questo punto, più tranquilla, continua a pagare il resto delle rate dell’Iva. Qualche tempo dopo il Comune di Oristano cerca di pagare una fattura alla Sarda Semafori, ed è così che l’azienda scopre di avere la partita Iva sotto osservazione al punto chequalsiasi pagamento sopra i 10mila euro viene automaticamente pignorato da Equitalia.

«Pensavo che avendo presentato istanza di sospensione la questione fosse congelata, invece no, perché la Commissione provinciale tributaria sta esaminando ancora le pratiche di aprile e chissà quando passerà alla mia». Nel frattempo l’Agenzia delle Entrate ha annullato la rateazione dell’Iva, ma la signora Mura non lo sa ed è per questo che paga anche la rata del 30 novembre 2011. I soldi di certo non le tornano indietro.

Equitalia è soddisfatta solo con il pignoramento della fattura saldata dal Comune di Oristano: prende alla Sarda Semafori 14.611,80 euro che si aggiungono ai circa 7mila euro corrisposti con il pagamento delle prime dieci rate dell’Iva.

«Insomma: dovevo pagare 13mila euro, e alla fine ne ho sborsato 21mila!». Se per caso, tra molti mesi, la Commissione provinciale tributaria darà ragione alla signora Mura, ancora non sarà finita: «Se vorrò ottenere il rimborso, dovrò pagarmi un avvocato e fare causa allo Stato».

Nel frattempo però i problemi non sono finiti: il pagamento della fattura è stato anticipato dalla banca, alla quale ora l’azienda deve restituire il danaro. «E per fortuna ancora non mi hanno tolto i fidi. Si stanno dimostrando comprensivi, così come i fornitori, ai quali ho chiesto di avere pazienza.

Se la gente aspetterà, allora ho qualche speranza di tenere aperta l’azienda. Mi stanno aiutando tutti…a parte lo Stato, che mi sta trattando peggio di una criminale. E dire che ho sempre pagato».

Il decreto legislativo 462 del 18/12/1997 sulle procedure di liquidazione, riscossione e accertamento all’articolo 3, afferma che «il mancato pagamento anche di una sola rata comporta la decadenza della rateazione e l’importo dovuto per imposte, interessi e sanzioni in misura piena, dedotto quanto versato, è iscritto a ruolo».

Ma la Sarda Semafori non ha omesso alcun pagamento, ha solo versato una rata con un giorno di ritardo. «Possibile che sia la stessa cosa?».

La signora Mura ha scritto a Palazzo Chigi, e anche al ministro del Lavoro Elsa Fornero, «in modo che pianga un po’ anche per me. Voglio raccontare la mia storia a tutti per sapere se sono l’unica ad aver vissuto quest’esperienza o se, come credo, ci sono altri imprenditori nella mia situazione».


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