Dieci anni fa l’Argentina esplodeva. L’America Latina veniva dall’effetto Tequila, l’effetto Samba e sprofondava nell’effetto Tango. Carlos Menem, l’emblematica figura del Peronismo ed unico Presidente nella storia del Paese che riusciva a completare 2 mandati costituzionali consecutivi, lasciava nel 1999 la Presidenza a Fernando De La Rua.
L’Argentina, dopo aver vissuto un decennio fortunato con minima inflazione ed una moneta fortissima, a parità del dollaro, sprofondava nella più brutta crisi della sua storia. Menem era riuscito a forzare una situazione economica oltre qualsiasi possibilità: il Ministro delle Finanze Domingo Cavallo che aveva inventato il famoso 1-1 (1 Peso, 1 Dollaro) prima di lasciare la sua poltrona, aveva già messo il Paese nel caos finanziario.
Non si potevano pagare più i debiti con il FMI, il Club di Parigi e tutti gli istituti di credito del mondo che avevano creduto nei suoi bonds. Con l’avvento di De la Rua le cose peggiorarono fortemente, al punto di dover lasciare la Casa Rosada in elicottero a seguito di una massiccia rivolta popolare. Il suo Governo durò meno di due anni, schiacciato tra le proteste, gli scioperi ed il famigerato ’corralito’, in italiano il ’recinto’.
Nel Dicembre 2001 Fernando De la Rua, di fronte alla drammatica situazione finanziaria, decise di bloccare tutti i conti bancari degli argentini: dall’1-1 si passò al 1- 4, quindi la moneta nordamericana passò dal valore di un Peso a quello di 4 Pesos. Inoltre, non tutte le banche aprirono i battenti e milioni di persone restarono senza ricevere i propri risparmi: le banche avevano finito i contanti.
Fu un periodo in cui girarono altri 5 tipi di monete diverse di interscambio, come i ’patacones’. La popolazione al di sotto del limite di povertà nel giro di 6 mesi raggiunse il 50%.
L’Argentina era a pezzi. I bonds del Paese furono ’riprogrammati’ con scadenze più lunghe e, dopo 3 Presidenti eletti dal Parlamento in 10 giorni, giunse Eduardo Duhalde, un vecchio lupo del Peronismo che prese le redini di un Paese in macerie.
Si andò avanti con inflazione a 2 cifre per quasi 2 anni, fino a quando, nel 2003, ci furono le nuove elezioni presidenziali. Anche la politica, nel giro di 3 anni, andò in frantumi e tutti i vecchi leader persero quasi tutto l’elettorato. Tornò Menem nella campagna elettorale, schierato contro tutto e contro tutti. Alle elezioni fu il piò votato, ma, sapendo che nel ballottaggio avrebbe perso contro una coalizione stile cileno, rinunció e prese il posto uno sconosciuto, Nestor Kirchner.
Nestor era un politico formatosi nello stato di Santa Cruz. Era stato sindaco di Rio Gallegos ed aveva fatto la sua carriera a fianco di mostri sacri come Menem, più tardi acerrimo nemico. Il Peronismo, che non è un partito politico bensí un movimento basato sulla personalità dei suoi leader, non è di destra, né di sinistra: lo dimostra il fatto che Menem e Kirchner pur essendo appartenenti allo stesso partito sono agli antipodi in quanto a visione politica. “Mentre Menem era sposato con la Casa Bianca, Kirchner era sposato con Fidel Castro!”, dicevano gli analisti politici e avevano ragione.
Mentre Menem difendeva di piú il latifondista ed il grande imprenditore, Kirchner puntava sui più poveri cominciando subito a lavorare per abbassare l’enorme tassa di disoccupazione, scalata fino al 25%. Fra le prime misure di un Paese in frantumi, Kirchner decise di non pagare il debito estero e dare default
“Questo debito non l’ha contratto la gente ma i politici e non è giusto che la gente debba pagare gli errori dei propri governanti: diamo Default perché il debito non è degli argentini, ma di Governi che non hanno saputo ricostruire la credibilita del Paese”, diceva Nestor Kirchner pochi giorni dopo essere diventato Presidente.
Fu quindi lui a annunciare tecnicamente il fallimento e a marcare a fuoco il Paese. 250.000 creditori italiani di bonds argentini persero miliardi di dollari. Kirchner propose una restituzione del 25% del valore, ma coloro che accettarono non ricevettero mai il denaro a loro dovuto.
Oggi l’Argentina ha pagato il debito con il Fondo Monetario Internazionale ma mantiene decine di miliardi di dollari di debito estero che, secondo alcuni analisti, non pagherà mai: è di questi ultimi giorni una dichiarazione del Presidente USA Barack Obama che ha chiesto al Governo di Cristina Kirchner di pagare il debito estero per recuperare credibilità creditizia.
Oggi l’Argentina non ha ancora accesso al credito internazionale, ma se la cava con l’enorme esportazione di materie prime che cinesi e indiani comprano ciecamente. Ma quale sarà il futuro immediato dell’Argentina? Inflazione a due cifre ed una politica assistenzialistica stanno portando il Paese su un binario pericoloso.
L’Argentina spende ma non risparmia e, nel caso che India e Cina dovessero frenare le commissioni, il Paese si troverebbe in serie difficoltà. La politica monetaria del Ministero delle Finanze attribuisce priorità alla manutenzione di una moneta competitiva e, per non far cadere il dollaro, compra così tanta moneta americana che ricominciano a scarseggiare le riserve...
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